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Approfondimento sui nostri trattamenti

Al Centro Oculistico Tedesco, offriamo una vasta gamma di trattamenti mirati a gestire diverse patologie e difetti oculari. La nostra costante ricerca di aggiornamenti, elevata preparazione e l’impegno professionale ci consentono di assicurare efficienza e competenza in ogni intervento.

Il nostro studio è il primo centro in Calabria a trattare in modo efficace e duraturo il problema dell’occhio, secco grazie all’ultima innovazione REXON-EYE, un nuovo sistema a risonanza quantica molecolare per il trattamento sia iposecretivo che evaporativo, che utilizza la tecnologia QMR validata da prestigiose Università e centri di ricerca. Vantaggi:
  • efficace sia per le sindromi da disfunzione lacrimale da ridotta produzione sia da eccessiva evaporazione di film lacrimale;
  • risultati stabili e duraturi con follow-up pubblicati;
  • unico trattamento con QMR efficace sia sulle ghiandole di meibomio sia sulle ghiandole lacrimali;
  • confortevole, rilassante e non doloroso;
  • non invasivo;
  • non prevede di dover distendere il paziente;
  • non necessita l’uso di gel;
  • non è previsto alcun costo aggiuntivo “per procedura”.
La capsulotomia posteriore è un trattamento laser che si rende necessario quando la capsula, il tessuto trasparente che avvolge il cristallino, va incontro ad un processo di opacizzazione, chiamato fibrosi capsulare. Ciò si verifica nella maggior parte delle persone che hanno subìto un intervento di cataratta, mesi o anni dopo l’intervento, e provoca un nuovo annebbiamento della visione che viene spesso impropriamente indicato come cataratta secondaria. La capsulotomia posteriore si avvale di un laser YAG in grado di praticare un’incisione sulla superficie posteriore della capsula opacizzata, liberando l’asse ottico e ripristinando una visione nitida, senza la necessità di introdurre strumenti chirurgici all’interno dell’occhio. La capsulotomia posteriore viene effettuata in modalità ambulatoriale, non è invasiva, è assolutamente indolore e dura pochi secondi. Rischi e complicanze del trattamento sono estremamente rari, ma devono essere comunque valutati insieme al proprio oculista.
Il cross linking è una cura innovativa del cheratocono e delle ectasie corneali. Con il termine inglese di cross linking si intende la formazione di legami incrociati. La cornea è formata da delle fibre collagene disposte in modo ordinato: la resistenza meccanica della cornea è in rapporto al numero di fibre e, in particolar modo, al numero di legami chimici che esistono tra di loro (legami ponte). Nel cheratocono si ha un indebolimento e una alterazione di questi legami per cui la cornea perde la propria resistenza meccanica e tende progressiavemente a deformarsi sotto l’azione della pressione endoculare.
La specillazione del dotto lacrimale consiste nella pulizia del condotto lacrimale ostruito. Si utilizzano degli aghi detti “specilli”, da cui il nome del trattamento.
La patologia più comune delle vie lacrimali è l’ostruzione, che può essere congenita o acquisita nel corso del tempo. Un’infiammazione dei canali lacrimali può dar vita a una stenosi (un restringimento) della mucosa che li riveste, impedendo alle lacrime di defluire correttamente, determinando lacrimazione costante o infezione della via lacrimale dovuta al ristagno. L’ostruzione delle vie lacrimali può essere congenita: si verifica nei casi di imperforazione della valvola di Hasner o nei casi più gravi dalla atresia della via lacrimale.mL’ostruzione acquisita è la più frequente: si verifica in caso di malattia infiammatoria cronica che interessa i dotti lacrimali ed è spesso associata e condizionata da patologie del massiccio facciale, deviazione del setto nasale o traumi facciali spesso legati a tumori che hanno interessato il volto.
Mediante la tecnica della facoemulsificazione si utilizzano gli ultrasuoni per sciogliere il cristallino naturale. Si pratica una micro-incisione di lunghezza variabile tra i 2mm ed i 3,2 mm attraverso la quale si inserisce una minuscola sonda dotata di tre vie al suo interno in grado di fare arrivare gli ultrasuoni sino al cristallino. Una volta che questo è stato “sciolto”, lo si aspira e, sempre attraverso la stessa incisione, si inserisce un cristallino artificiale morbido, arrotolato come un piccolo cilindro, dentro l’occhio dove si aprirà e prenderà il posto del cristallino naturale eliminato precedentemente. Il più delle volte non è necessario applicare alcuna sutura.
Effettuiamo interventi di cataratta con il femtolaser, che ha la caratteristica di ridurre del 40% la necessità di intervenire manualmente da parte del chirurgo: – Diventa minima la manualità operatoria del chirurgo
– Diminuisce sensibilmente il numero degli strumenti che entrano a contatto con l’occhio
– Diminuisce il tempo di contatto degli strumenti con l’occhio
– Aumenta sensibilmente la precisione dell’intervento chirurgico
Pertanto con questa tecnica si ha una guarigione più rapida e con risultati migliori e soprattutto condizioni ideali per l’impianto di una lente.
Il laser ad eccimeri è un apparecchio che emette una radiazione ultravioletta ad alta intensità; esso viene utilizzato per trattare la cornea; guidato e controllato in modo opportuno, il raggio laser asporta tessuto in quantità di pochi millesimi di millimetro per colpo vaporizzandolo istantaneamente; il raggio laser può così modificare il profilo della cornea, appiattendone la parte centrale (zona ottica) in modo preciso e regolare, correggendo così il difetto miopico, oppure agendo in maniera diversa per correggere l’astigmatismo o l’ipermetropia. Il laser ad eccimeri viene utilizzato soprattutto in due modi: sulla superficie anteriore della cornea e in tal caso la procedura si chiama PRK o fotoablazione corneale di superficie; oppure all’interno della cornea (dopo aver eseguito una microscopica incision semicircolare che consente di sollevare un sottile strato di tessuto); in tal caso la procedura si chiama LASIK o cheratomileusi con laser ad eccimeri. La miopia, l’astigmatismo lieve e l’ipermetropia di modesta entità vengono attualmente trattate con la PRK o fotoablazione corneale di superficie mediante laser ad eccimeri; questa tecnica consente di ottenere risultati sufficientemente precisi, sicuri e stabil nel tempo, specialmente con i laser di ultima generazione. La PRK viene soprattutto utilizzata per il trattamento della miopia, anche perché è il difetto più comune e perché questa procedura funziona particolarmente bene nella miopia; è l’intervento più usato a livello mondiale per correggere la miopia fino a 8-12 Diottrie. I pregi di questa tecnica consistono nella sua facilità di esecuzione, nella sua precisione di esecuzione nella scarsa traumaticità e nel fatto che non presenta rischi di rilievo. E’ una procedura praticamente indolore che si esegue in anestesia topica (collirio anestetico). Il trattamento di superficie con laser ad eccimeri riesce a correggere con buona esattezza la miopia lieve fino a circa 8-10 diottrie, è invece soggetto ad imprecisioni oltre tale valore.
I difetti visivi (miopia, ipermetropia, astigmatismo, presbiopia) vengono misurati in diottrie (D) e la cornea, nella sua parte centrale, è responsabile dei 2/3 dell’intero potere refrattivo dell’intero occhio umano. Il laser ad eccimeri viene usato per rimodellare la cornea mediante ablazione del tessuto stromale, modificando il raggio di curvatura e quindi il potere diottrico corneale. Dopo questo trattamento gli oggetti possono essere messi a fuoco senza più l’ausilio di occhiali. Il femtolaser e’ un laser la cui durata dell’impulso e’ velocissima cioè dell’ordine dei femtosecondi (1 femtosecondo= 10−15 sec.) e quindi la radiazione può essere focalizzata con maggior precisione nella sede voluta (stroma corneale) lasciando intatto il tessuto corneale attraversato. Questo laser viene utilizzato per effettuare tagli di dimensioni precise. Grazie ad una durata dell’impulso cosi breve, e’ possibile ottenere elevate potenze in cornea impiegando livelli di energia relativamente molto bassi. La correzione dei difetti visivi è sempre attuata con l’uso del laser ad eccimeri. Le tecniche di esecuzione del trattamento sono però diverse e verranno di seguito descritte.
Il calazio è una lesione granulomatosa delle ghiandole palpebrali di Meibomio di tipo sterile (ovvero non infetta), causata dall’ostruzione del dotto ghiandolare con un ristagno di secreto e conseguente infiammazione. Può insorgere sia sulla palpebra superiore che sulla palpebra inferiore ed ha un adamento talora ricorrente, talora cronico. Si presenta come una masserella tondeggiante, infiammata e dolente alla palpazione nelle fasi acute mentre risulta perlopiù indolore una volta passata l’infiammazione. L’orzaiolo è invece caratterizzato da un’infezione (generalmente stafilococcica) della ghiandola del Meibomio. Talora può essere sufficiente l’applicazione di pomata cortisonica ed antibiotica per ottenere la remissione nel giro di qualche settimana; quando tuttavia la terapia topica non risulti sufficiente è opportuno rimuovere chirurgicamente il calazio con una piccola incisione.
Con il termine cheratocono si definisce una patologia caratterizzata da ectasia localizzata della cornea, su base degenerativa, che si estrinseca con una deformazione conica del normale profilo corneale. La deformazione è secondaria ad un assottigliamento dello spessore corneale caratterizzata da una evoluzione progressiva nel tempo. Dal punto di vista ottico determina un astigmatismo irregolare miopico con conseguente riduzione della capacità visiva non correggibile con occhiali.
La retina può subire danni strutturali e rotture in conseguenza a traumi di varia natura. Una delle cause più frequenti è la contrazione del corpo vitreo, la sostanza gelatinosa che riempie la cavità oculare. Il corpo vitreo, contraendosi, si distacca dalla parte posteriore dell’occhio e quindi dalla retina; solitamente ciò avviene in modo asintomatico, però talvolta il corpo vitreo rimane adeso alla retina e determina su di essa una trazione che può causare strappi e lacerazioni in uno o più punti: in questi casi, il vitreo può infiltrarsi al di sotto della superficie della retina e determinarne il distacco. La retina distaccata va incontro ad un processo involutivo e degenerativo irreversibile, con un danno alla visione grave che può evolvere fino alla cecità. Le lesioni retiniche, a seconda della loro tipologia e gravità, possono essere trattate con interventi laser e/o chirurgici. Esistono dei rischi associati ai trattamenti per il distacco di retina, ma considerando il danno che deriverebbe alla visione in assenza di trattamenti, tali rischi assumono una rilevanza minore.
Le indicazioni alla vitrectomia mininvasiva sono diverse, e oggi praticamente tutti gli interventi del segmento posteriore oculare possono essere eseguiti secondo questa tecnica. Nell’applicazione di questo sviluppo tecnologico i nostri chirurghi della retina sono pionieri in Italia. Le indicazioni sono: – Distacco della retina, semplice o complicato da proliferazioni
– Retinopatia diabetica con o senza distacco di retina
– Membrana epirretinica o Pucker maculare
– Foro maculare completo o pseudoforo
– Opacità vitreale legata al sanguinamento o problemi infiammatori
– Uveite
– Come strumento per diagnosticare malattie rare del segmento posteriore Quali sono i vantaggi e gli svantaggi della vitrectomia mininvasiva?
L’intervento è eseguito attraverso incisioni molto piccole che non hanno bisogno di suture. Ne consegue un recupero funzionale più veloce con minore infiammazione intraoculare. I pazienti inoltre lamentano meno disturbi rispetto alla chirurgia tradizionale. La sicurezza della tecnica è stata validata in diversi studi clinici, dimostrando di avere un profilo di sicurezza uguale o superiore alla tecnica tradizionale. La vitrectomia mininvasiva viene accompagnata anche da un cambio nel tipo di anestesia, essendo stata sostituita la anestesia generale per quella loco-regionale. Più del 90% delle vitrectomie nel nostro centro sono eseguiti in anestesia loco-regionale, che blocca i movimenti e la sensibilità del bulbo oculare e che insieme a una accurata sedazione del paziente rende l’intervento molto più tollerabile per il paziente. Con la variazione di anestesia si è migliorato il comfort del paziente ed allo stesso tempo si sono ridotti i potenziale e gravi rischi di una anestesia generale, limitando anche il tempo di ricovero ospedaliero.
Per il glaucoma c’è una soluzione chirurgica giovane, ma densa di promesse e meno invasiva rispetto a quella classica, è la canaloplastica. L’obiettivo è di far scaricare attraverso la sua via naturale l’umore acqueo in eccesso all’interno dell’occhio. Il rapporto tra il liquido che viene prodotto e quello che defluisce dev’essere tale da mantenere una giusta pressione all’interno (di norma, 15-16 millimetri di mercurio). Nel glaucoma accade che qualche intralcio ostacola il flusso. A quel punto la pressione aumenta, schiacciando il nervo ottico fino a danneggiarlo. Il nuovo intervento si chiama canaloplastica e consiste nel ripristinare la funzionalità del canale di Schlemm, attraverso cui scorre l’umore acqueo. Immaginatelo come un anellino cavo, che abbraccia il bordo esterno della cornea, intorno all’iride. «Nel glaucoma questo tunnel si presenta collassato, cioè ristretto», spiega Paolo Brusini, direttore della struttura operativa complessa di oculistica dell’Azienda ospedaliero universitaria Santa Maria della Misericordia a Udine. «In anestesia locale, si pratica sull’occhio un’incisione con un microbisturi, fino al canale di Schlemm. Qui viene immesso un microcatetere di 250 micron di diametro (un quarto di millimetro). E attraverso questo tubicino, che contiene una fibra ottica, si inietta materiale viscoso, per dilatare il condotto». Tutto in 45 minuti Il catetere percorre tutto il canale e fuoriesce dall’altra estremità. Quindi si lega alla sua punta un filo in materiale sintetico e si tira all’indietro: si porta via il microcatetere e si lascia il filo, che viene poi annodato strettamente all’altro capo, mantenendo dilatato il canale di Schlemm. Il tutto in 45 minuti circa. L’intervento in oltre il 90% dei casi è capace di far diminuire la pressione oculare senza dare complicazioni visive. La novità sta nel fatto che, invece di creare una via artificiale per far defluire l’umore acqueo come nella tecnica chirurgica tradizionale (trabeculectomia), viene ripristinata la funzionalità del canale naturale. Problemi? Potrebbero verificarsi microperforazioni del canale di Schlemm. Eventi, però, rari e senza conseguenze gravi se l’intervento è condotto a regola d’arte. La canaloplastica è destinata ai pazienti che non abbiano mai sottoposto gli occhi ad altri trattamenti chirurgici, alle prese con un glaucoma scompensato, cioè con un’elevata pressione oculare che danneggia il nervo ottico, e che i colliri terapeutici comunemente impiegati per le cure non riescono proprio ad abbassare.
Come funziona?
Il laser retinico (argon laser) viene usato generalmente per “bruciare” zone della retina malata. In alcuni casi, invece, viene impiegato per fissare la retina sana intorno a zone patologiche (fori o lesioni). L’obiettivo è quello di ottenere delle cicatrici che rinforzino la retina nei suoi punti più delicati. Cos’è l’argon laser?
È un tipo di laser il cui fascio luminoso – generato grazie all’argon, un gas nobile – ha un’azione termica: riscaldando la zona su cui si punta lo strumento si possono curare una serie di malattie della retina (in virtù di un fenomeno chiamato “fotocoagulazione”). Quando si utilizza?
L’argon laser viene utilizzato per trattare:
1) Retinopatia diabetica (forme ischemiche). In caso di ridotto apporto sanguigno e, quindi d’ossigeno, a certe zone della retina; per Retina di diabeticocompensare questa mancanza si sviluppano nuovi vasi che possono provocare gravi danni (retinopatia diabetica proliferante). In questo caso si ricorre al laser per “uccidere” le aree di tessuto malato.
2) Èdemi maculari (raccolta di liquido sotto il centro della retina): sono l’esito di un processo infiammatorio e/o di alterazioni dei vasi. Anche in questo caso il laser funziona distruggendo le zone che “impartiscono il comando” di creare nuovi vasi (secernendo un fattore di crescita chiamato Vegf).
3) Rotture e le degenerazioni periferiche della retina. In questi casi c’è un elevato rischio che avvenga un distacco di retina. Quindi attraverso l’azione del laser si brucia le retina in prossimità delle rotture o delle degenerazioni potenzialmente dannose. La cicatrice che si viene a creare dopo il trattamento laser agisce come una saldatura, rinforzando la retina.
4) Occlusioni venose dei vasi retinici. In questo caso si possono si possono sviluppare nuovi vasi, che hanno la tendenza ad invadere altre zone (angolo irido-corneale), causando una grave forma di glaucoma (detto “neovascolare”).
5) Retinopatia del prematuro (ROP). Il trattamento laser serve per impedire la crescita di nuovi vasi retinici dannosi per la vista, attraverso la “distruzione” della retina già danneggiata per ridotto apporto di sangue e, dunque, di ossigeno (aree ischemiche). Nel 2013 è stato pubblicato uno studio australiano che ha riportato un successo del 93% nei trattamenti effettuati col laser su bambini neonati molto piccoli (a dieci mesi d’età)*. Come viene eseguito il trattamento?
Al paziente, che deve aver prima firmato il consenso informato al trattamento, viene anestetizzato temporaneamente l’occhio con gocce di anestetico locale. Successivamente si applica una lente a contatto con idonei filtri al trattamento. Il medico utilizza quindi un puntatore per mirare le zone della retina da trattare. Durante la procedura il paziente potrebbe sentire un lieve dolore, paragonabile a piccole punture, a seconda dell’energia impiegata col laser. Al termine del trattamento viene rimossa la lente, si istilla un collirio lubrificante e un antibiotico; poi si può tornare a casa.
Quali sono i sintomi?
Generalmente il paziente riferisce bruciore, presenza di corpo estraneo, senso di secchezza, spesso la mattina avrà difficoltà ad aprire gli occhi e, talvolta, appannamento, riduzione dell’acutezza visiva ed importante fastidio alla luce. Quali sono le terapie adottabili?
L’importanza dei segni funzionali e il fastidio quotidiano dei pazienti hanno portato a diverse azioni terapeutiche. Tuttavia, i trattamenti in collirio attualmente disponibili sono per lo più sostitutivi di breve durata e spesso insufficienti per alleviare il disturbo accusato dai pazienti. Da poco tempo si è resa disponibile una terapia che cerca di rimettere correttamente in funzione le ghiandole di Meibomio, lavorando a monte del problema, quindi ripristinando una corretta qualità e produzione del film lacrimale, grazie all’apparecchio E-EYE, generatore di luce pulsata policromatica, in grado di produrre sequenze di impulsi luminosi perfettamente calibrate e omogenee. Gli impulsi modellati (sculpted pulses) sono forniti sotto forma di treni di impulsi, il cui intervallo, spettro ed energia sono precisamente determinati per stimolare le ghiandole di Meibomio e ripristinare il loro normale funzionamento già nei giorni successivi al trattamento, anche se per apprezzare un evidente effetto bisogna effettuare le altre sedute seguendo il protocollo specifico di 3-4 sedute. Effetti collaterali?
Il trattamento a luce pulsata non ha alcun effetto collaterale. Inoltre, dura solo pochi minuti. Qual è l’efficacia della terapia a luce pulsata?
L’efficacia è molto elevata su tutte le forme di disfunzione delle ghiandole di Meibomio. Al contrario, tenuto conto della natura stessa del trattamento, non lo è nelle forme legate a un’affezione isolata della fase acquosa o della fase mucosa o quando esiste una superinfezione associata che richiede un preventivo trattamento. Studi condotti su centinaia di pazienti hanno mostrato: un miglioramento notevole dei sintomi accusati dai pazienti, con una soddisfazione dell’ordine del 90% sin dalle prime due sedute.